Il Nebbiolo |
Nell’ultimo mio post culinario
accennai, parlando dei gnocchi al Castelmagno, del vino Nebbiolo D’Alba. Orbene
detto nettare di Bacco proviene dal
vitigno Nebbiolo che, autoctono italiano, è un vanto dell’enologia del Bel
Paese. Da esso in purezza (cioè non mischiato con altre uve) provengono, oltre
al sopra citato D’Alba, prelibatezze come il Barolo, Barbaresco e Carema (tutte
DOCG) e in uvaggio (cioè con una percentuale di altre uve, ma sempre a bacca
rossa) anche vini prelibati come il Gattinara, il Sizzano, il Roero, lo Spanna,
il Bramaterra, tanto per citarne alcuni. Nella Valtellina una sua sottovarietà
prende il nome di Chiavennasca e da il Valtellina Superiore e lo Sforzato. La
differenza fra le varie tipologie vinicole è dovuta alle particolari cultivar
(variazioni di coltivazione e terreni) presenti nei vari luoghi e a tipiche
sottovarietà (come nel Barolo le varietà di Nebbiolo Lampià, Michè e Rosè). A
differenziare poi un vino dall’altro intervengono anche i produttori e relativi
enologi e il piccolo posto ove c’è la vigna (questo è detto con un nome
francese di cru). Comunque sia, tanto
per generalizzare i Nebbiolo è un vino che si presta ad invecchiamento (gli
anni sono diversi da tipologia e tipologia), risulta essere, quando è pronto,
dal profumo ampio, aromatico e persistente con note di frutta, fichi e spezie.
Morbido al palato per i tannini bene
svolti, alcolico (siamo sui 13 gradi abbondanti) con una giusta acidità e dal
sapore pieno e persistente. Come abbinamenti siamo sulla cacciagione (carni
scure tipo il cinghiale), formaggi saporiti, secondi importanti e salumi (tipo
di cervo o di cinghiale). Non vi fidate se il prezzo è inferiore ai 12/15 €.
Una curiosità: il nome
sembrerebbe derivare dal fatto che l’uva viene vendemmiata tardivamente quando
nella Langhe ormai con l’estate alle spalle sale la prima nebbia.
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