Ho
visto, grazie al suo commento sul mio post su Spartacus, che il buon
Christomannos ha alcune lacune (non me ne voglia!) sui Ludi Gladiatorii.
Quando scrissi che raramente i duelli finivano con la morte di uno dei
contendenti mi riferivo ai gladiatori professionisti (paragonabili come tifo e
seguito agli odierni calciatori e per certi versi anche come guadagno). Ma nell’arena
(a proposito si dice e si diceva così perché vi era la sabbia atta ad assorbire
il sangue) scendevano anche gladiatori coatti provenienti dalle patrie (di quel
tempo) galere cioè: malavitosi, condannati a morte, poveracci ed eretici;
orbene tutti questi dovevano combattere all’ultimo sangue e come premio (ai
superstiti) si davano salvacondotti e soldi. Poteva capitare che alcuni di essi
si dovessero scontrare con i professionisti e, ovviamente, il più delle volte
soccombevano miseramente. Anche le donne potevano scendere nei circhi ed erano
le più attese dagli spettatori. Durante l’Impero la frequentazione degli
spettacoli gladiatori era ben vista dal “popolino” ma esecrabile dai “ben
pensanti” (scrittori, poeti, filosofi ecc) che preferivano di gran lunga gli
stadi di atletica o i teatri. Va detto poi che nelle parte est dell’immenso
impero amavano di più le corse dei carri e dei cavalli (anch’esse per altro un
po’ cruente, hai presente il film Ben Hur?). Fu Costantino il Grande che nel IV
sec., dopo aver abbracciato il cristianesimo, proibì i giochi gladiatori, ma
come sempre accade, nonostante il divieto, sia a Roma e sopratutto ai confini ovest
dello Stato, per tutto il V e VI sec fino al basso medioevo continuarono
bellamente in barba a ciò.
giovedì 6 marzo 2014
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