martedì 4 marzo 2014

Due chiacchiere su "Spartacus, la guerra dei dannati"




Questa domenica sera ero ospite da amici e il padrone di casa, così per facezia, ma ben sapendo la mia passione (e modestamente conoscenza) per quel periodo volle che insieme si guardasse una puntata di un telefilm (su Cielo), a detta sua ben fatto, intitolato Spartacus, La Guerra Dei Dannati. Alla fine mi chiese il mio parere... Eccolo qui: Per quanto riguarda i costumi dei legionari, a parte qualche incongruenza (tipo la totale assenza di centurioni, opti e altri sottoufficiali) e “la solita” inutilità delle corazze, erano ben fatti (c’era perfino l’elmo Montefortino), quanto ai gladiatori era evidente la “ragione” cinematografica dei loro costumi. Quello però che non andava era il fatto che l’orda dei servi ribelli si gettava disordinatamente urlando su una o più legioni facendo strage di soldati. A quei tempi essi sarebbero stati accolti prima da un nugolo di frecce, poi dai sassi dei frombolieri e quindi da innumerevoli pila (plurale di pilum, il giavellotto dei legionari), i pochi superstiti giunti al corpo a corpo si sarebbero poi trovati davanti una fitta barriera di scudi irta di gladi. Per aver un’idea della tattica essa è ancora in auge presso la polizia in tenuta antisommossa quando si avvicina a gruppi di black-block (tanto per fare un esempio). In particolare il legionario professionista era addestrato per combattere non singolarmente ma fianco a fianco con i suoi colleghi e la fila dietro teneva per mano la cintola di quella davanti e ogni tot di minuti si aveva la rotatio, cioè subentrava la seconda schiera (più fresca) e così via. Potrebbe allora sorgere la domanda: era più forte un gladiatore o un legionario professionista? Beh erano due cose diverse, un po’ come dire se oggi è più forte un marine o un lottatore di wrestling. Del soldato romano abbiamo parlato, in aggiunta vorrei dire che esso era anche addestrato per usare la spada (il gladio) sopratutto con azione di punta dato che così in guerra si sarebbero potute infierire ferite mortali. Del resto i colpi di taglio (o fendenti) ben difficilmente avrebbero potuto uccidere il nemico in quanto i nostri organi interni sono protetti dalla gabbia toracica. I gladiatori invece erano addestrati ad usare le armi di taglio poiché così si salvaguardava sia il cruento spettacolo (gli spettatori, per lo più il “popolino”, amavano gli spruzzi di sangue più che le uccisioni) che i gladiatori stessi. Infatti, al contrario di quello che si crede, ben difficilmente gli incontri terminavano con la morte di uno o più combattenti. Il gladiatore era un patrimonio del lanista (oggi diremo il suo manager) e l’addestramento dell’atleta era lungo e costoso. Così nell’arena vi era un arbitro (come oggi nella boxe) che divideva, nel caso, i combattenti con un lungo e nodoso bastone e i feriti venivano soccorsi e curati nel miglior modo allora possibile. Se morte era essa era per un incidente, per infezioni post operatorie o perché il gladiatore aveva fatto la figura del vigliacco e così, sentiti gli umori degli spettatori, il prefetto (o l’edile o qualsiasi più alta carica amministrativa del luogo) allungava il braccio con il pugno chiuso, se il pollice era fuori di esso voleva dire: fuori la spada e iugula (cioè taglia), se il pollice era dentro il pugno era fatta salva la vita. Insomma, fatti i dovuti parallelismi e differenze (sono passati quasi 2000 anni!), era un po’ come il wrestling di adesso: sopratutto molta scena. Riguardo alla storia, Spartacus fu solo la terza delle cosidette guerre servili e dette poca o nulla preoccupazione alla Repubblica Romana e il suo vincitore Crasso (della famiglia Licinia) se ne liberò in poco tempo. Dato che questa vittoria poco accresceva il suo “cursus honoris” (specie nei confronti dei “rivali” Pompeo e Cesare) pensò di aumentarlo portando più tardi la guerra ai Parti dove però fu sconfitto e perse la vita.

1 commento:

Christomannos ha detto...

Vedi io invece pensavo (da profano) che durante i combattimenti tra gladiatori nelle arene, uno dei due dovesse soccombere.
Come si suo dire, non si finisce mai di imparare.
grazie e ciao
Ms