Oggi
vorrei parlarvi dei vini (almeno quelli italiani) e come
riconoscere, o tentare di farlo, quelli meritevoli di essere gustati. Non uso
il termine bevuti o tracannati poiché questi li lascio volentieri ai , purtroppo,
tanti beoni. Per prima cosa guardare il prezzo, se esso è uguale o meno o poco
di più ad una bottiglia di acqua minerale, consiglierei di desistere
nell’acquisto. Non è che quello non sia vino (per legge si identifica con
questa parola una bevanda derivata dalla spremitura dell’uva e che abbia non
meno di 10° alcolici, fanno eccezione alcuni spumanti dolci quale il Moscato
d’Asti DOCG) e sgombriamo qui ogni dubbio, da noi costerebbe molto di più usare
“polverine magiche” per farne un falso surrogato che produrne uno “vero” .
Queste uve sono state, semplicemente e con probabilità, coltivate con metodi
tipo a spalliera nelle nostre pianure dove ogni vigna da così kg e kg di frutti
e sia la vendemmia che le cure alla pianta sono enormemente più facili (e
quindi meno costose), magari poi v’è stata l’aggiunta di mosto concentrato
(ammesso per legge mentre lo zuccheraggio no, al contrario della Francia) di
uve meridionali per poter così raggiungere la gradazione minima di legge. Altra
cosa sono i nostri vigneti di collina regolamentati da disciplinari che danno
dei termini precisi alla resa per ettaro di vigneto. Ciò non vuol dire che se
leggiamo sulle etichette IGT (Indicazione Geografica Tipica), DOC (Di Origine
Controllata), VQPRD (Vino di Qualità Prodotto In Regione Delimitata) o DOCG (Di
Origine Controllata e Garantita) possiamo dire con sicurezza che si tratti di
un ottimo vino. A volte capita (penso ai cosidetti Supertuscan) che vi siano
vini senza etichette particolari e che sono buonissimi; oppure che all’interno
di una DOC (per esempio) vi siano grandi differenze fra un produttore o
l’altro. Come districarsi? A parte il prezzo (ma non sempre) consiglierei di
andare per vini direttamente dai produttori e quindi assaggiarli prima. Oggi
moltissimi di essi aprono le loro cantine per degustazioni gratuite e poi nel
visitarle si capisce la cultura e la tradizione che c’è dietro a questo
prodotto. Utile è poi il consultare riviste specializzate oppure rivolgersi,
ove è presente, ad un sommelier specie se siamo in un ristorante e vogliamo
fare dei giusti abbinamenti o assaggiare un buon vino con un’ottima qualità-prezzo.
Non ultimo iscriversi ai vari corsi (anche solo propedeutici) tenuti dall’ A.I.S.
(Associazione Italiana Sommelier) o dall’O.N.A.V. (Organizzazione Nazionale
Assaggiatori di Vino). Stesso discorso lo si può poi allargare ad altri nostri
prodotti tipici come l’E.V.O. (Olio Extravergine d’Oliva) o al nostro
distillato: la Grappa (nome protetto e solo italiano, dalle altre parti si
chiama acquavite).
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Bellissimo post; solo di leggerlo mi viene acqulino in bocca ;-). Hai insegnato cose importantissime (bravissimo ancora!. Adesso credo sapró scegliere meglio vini italiani; il Barollo è un nome molto difuso da qui....
Ciao
Posta un commento