lunedì 30 marzo 2015

5 Terre Bianco Doc (seconda parte)

Il borgo di Manarola
Come avevo accennato nel post scorso consiglio, se volete degustare un 5 Terre Bianco Doc, di rivolgervi verso un cru piuttosto che il più comune (e meno caro) Bianco Doc della Cantina Sociale. Cos’è il cru? E’ un termine francese che nel mondo dell’enologia sta a significare una ristretta e ben delineata zona di produzione all’interno di una più vasta Doc o Docg. Qui, per esempio, nella Doc 5 Terre possiamo considerare Manarola Costa del Sol (ma ce ne sono anche altre) come cru. In questi casi paghiamo certo di più la bottiglia ma se ci pensiamo un po’ è normale data la scarsa produzione e l’enorme fatica che i contadini devo sopportare. Se vogliamo fare i taccagni rivolgiamoci allora ad altre doc. Detto questo, i cru (come per altro anche quello no) sono in uvaggio dei seguenti vitigni: Bosco, Albarola e Vermentino più o meno in percentuali uguali. La gradazione si attesta intorno ai 12-12,5. Il colore è di un bel giallo paglierino carico e vivo. Sia al profumo che al gusto la sua peculiarità è la nota evidente di salmastro (questo più che in tutti gli altri vini che conosco e che sono prodotti vicino al mare); ciò è dovuto al vento che da occidente (quindi dal mare aperto) soffia verso Est e fa attaccare il salino sui grappoli e che a stento la pioggia porta via solo in parte. Inoltre, con una certa differenza fra cru, si riconosco sentori di miele, di mentuccia, di agrumi e di fiori bianchi rimanendo comunque fine, elegante e persistente. In bocca si sente anche una bella acidità e corpo e una più che buona persistenza e intensità, piacevole il retrogusto. Va bene insieme a tutti i piatti di mare in particolar modo ai secondi importanti di pesce (tipo il dentice al sale) oppure ai classici panini con acciughe (di Monterosso) dissalate, burro e/o salsa verde. Il non cru (ma sempre doc della Cantina Sociale) si accompagna agli antipasti, ai primi di mare, alla pasta al pesto, alla cima alla genovese (che poi è uguale a quella che si fa a Spezia), alla mèsch-cìua (= mescolanza, una zuppa di ceci, grano farro e fagioli bianchi condita con olio evo a crudo e tipica del capoluogo). A fianco della doc (ma fuori da essa) si vinificano anche un rosso, un frizzante (chiamato risacca) e uno spumante bianco, un bianco fermo (muretti) ma sinceramente non mi affascinano.

3 commenti:

edulms ha detto...

Simpatico il posto e bello il post... a prosit!!!!

Christomannos ha detto...

Ammiro tantissimo quelle persone che riescono a riconoscere bevendo un bicchiere di vino i diversi gusti.
Tu in questo articolo parli di sapore di salmastro, di miele di mentuccia ecc... ma come fai? forse sarà questione di educare il palato a riconoscere questi sapori!!! comunque complimenti. ciao
Ms

Il Centurione ha detto...

Ti assicuro che almeno il salmastro anche a un profano apparirà del tutto evidente. Poi, più che il palato (ti ricordo che i gusti sono solo 4: amaro, salato, dolce e acidito più la sensazione tattile) bisognerebbe rieducare l'olfatto (e il retrogusto), lì i profumi sono quasi infiniti. Ciao.