Vigneti nelle 5 Terre |
Il "trenino" a Vernazza Lo Sciacchetrà |
Col post di oggi della rubrica vini ritorno a parlarvi della
produzione enologica nella mia provincia: La Spezia. Inizio questo nostro
excursus con un noto vino passito: lo Sciacchetrà,
nome che deriva dal dialetto di quei
posti (per altro diverso dallo spezzino) sciaccà
(schiacciare). E’ una doc e fa
parte dei noti vini ad origine controllata del comprensorio che va sotto il
nome 5 Terre (zona, tra l’altro,
patrimonio dell’Umanità e tutelata dall’Unesco). La coltivazione della vite (ma
anche degli orti e uliveti) qui ha prodotto nei secoli i caratteristici
terrazzamenti che segnano le colline digradanti (quasi a picco) sul mare. Da
sempre la coltivazione è cosa ardua per una serie di motivi e la resa bassa.
Solo da qualche decennio la fatica dei contadini è in parte alleviata da
piccoli trenini a cremagliera che aiutano a trasportare i prodotti. Una volta
erano soprattutto le donne che si caricavano in testa le gerle (assai pesanti)
e tenendole in bilico salivano (a volte per centinaia di metri) i ripidi gradini.
Gli uomini dovevano invece sobbarcarsi i lavori dei campi spesso operando
inginocchiati e con gli attrezzi dai corti manici. Ma ritorniamo al vino. Esso
è prodotto soprattutto da uve di Bosco (una qualità tipica della zona) ma
concorrono anche l’Albarola, il Vermentino e altre uve (max un 20%) a bacca
bianca. Esse si raccolgono leggermente tardive e fatte appassire naturalmente
su graticci grazie all’aria di mare e al sole. Dopo circa un mesetto si
vinificano e il vino viene commercializzato dopo un anno. Va da se che il costo
della bottiglia per le ovvie ragioni deve essere elevato e quindi
diffidate di quelle economiche. Alla vista presenta un bel colore giallo dorato
con riflessi ambrati (più decisi se ulteriormente invecchiato), al naso è
discretamente intenso e persistente con sentori di miele e confetture (pesche e
albicocche) e l’odore tipico etereo dei vini passiti, in bocca è abboccato ma
non dolce, persistente, avvolgente, caldo (siamo sui 14- 16 gradi), sapido
(dato dal salmastro marino) e retrogusto leggermente mandorlato. E’ vino da
dessert (dolci a pasta secca) e da formaggi stagionati ma anche da
“meditazione”. La sua produzione (reale) è molto limitata anche perché è
invalso l’uso di molti viticoltori di farselo da sé e tenerselo per uso personale.
Questo spesso comporta che quello del
contadino invece di essere prelibato e nonostante l’enorme fatica spesa, è
pieno di difetti. Meglio quindi rivolgersi a cantine specializzate.
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