Il vitigno Bonarda |
Parlandovi del Lambrusco nell’ultimo
(e primo) post sui vini accennai al fatto che simile ad esso c’era la Bonarda. Esso è
un vino ricavato da uve (io dico di vitigno omonimo, altri di un particolare
clone di uva croatina) a bacca nera che producono due distinte doc: Bonarda Colli
Piacentini e Bonarda dell’ Oltrepò Pavese; in ogni caso, per
chi conosce un po’ di geografia italiana, la zona è l’ovest dell’ Emilia e il
sud della Lombardia (il territorio che si estende appunto oltre il fiume Po
verso sud). Il vino viene per lo più commercializzato frizzante (secco o
amabile, ma anche fermo con qualche grado in più) e presenta un bel colore
rosso rubino cupo e intenso, sapore asciutto e odore vinoso con sentori di
bacche rosse e lieviti. Ovviamente la differenza fra le due doc è minima. Il
nome sembrerebbe provenire dall’antico longobardo misto al latino tardo
medioevale, bono = buono (da bonus-a-um) e dalla parola germanica ard (o hard,
se preferite) che voleva dire forte. Se prodotto invece che in pianura sulle
colline ha qualche grado alcolico in più (meglio!) e il suo abbinamento è per
carni rosse non troppo elaborate in cucina e ai bolliti, altrimenti a primi con
sugo di carne, insaccati e alla “milanese” casseouela. Non si presta a lungo
invecchiamento. Oltre che in queste zone doc si può trovare un po’ in tutto il
Piemonte e parte della Lombardia come IGT.
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