domenica 6 luglio 2014

La Bonarda


Il vitigno Bonarda
Parlandovi del Lambrusco nell’ultimo (e primo) post sui vini accennai al fatto che simile ad esso c’era la Bonarda. Esso è un vino ricavato da uve (io dico di vitigno omonimo, altri di un particolare clone di uva croatina) a bacca nera che producono due distinte doc: Bonarda Colli Piacentini e Bonarda dell’ Oltrepò Pavese; in ogni caso, per chi conosce un po’ di geografia italiana, la zona è l’ovest dell’ Emilia e il sud della Lombardia (il territorio che si estende appunto oltre il fiume Po verso sud). Il vino viene per lo più commercializzato frizzante (secco o amabile, ma anche fermo con qualche grado in più) e presenta un bel colore rosso rubino cupo e intenso, sapore asciutto e odore vinoso con sentori di bacche rosse e lieviti. Ovviamente la differenza fra le due doc è minima. Il nome sembrerebbe provenire dall’antico longobardo misto al latino tardo medioevale, bono = buono (da bonus-a-um) e dalla parola germanica ard (o hard, se preferite) che voleva dire forte. Se prodotto invece che in pianura sulle colline ha qualche grado alcolico in più (meglio!) e il suo abbinamento è per carni rosse non troppo elaborate in cucina e ai bolliti, altrimenti a primi con sugo di carne, insaccati e alla “milanese” casseouela. Non si presta a lungo invecchiamento. Oltre che in queste zone doc si può trovare un po’ in tutto il Piemonte e parte della Lombardia come IGT.

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