E’ giunto il momento di parlarvi
dei vari oli che uso in cucina. Per condire a crudo (insalate e/o
pomodori o per il pinzimonio, per esempio) utilizzo l’olio e.v.o. (extravergine d’oliva) che acquisto dal mio vicino che
ha un’azienda bio e quindi è prodotto
al 100% da olive liguri nostrali. Sì certo lo pago (me lo mette 15€ al litro e
so che mi fa un prezzo di favore) ma so anche con certezza, data la sua
meticolosità, che è genuino e fatto come Cristo
comanda e ha un gusto unico. Se pensate poi che il costo sia esagerato fate
mente locale alla fatica e al tempo che ci vuole a produrlo: coltivare gli
ulivi, potarli, sbatterli a mano, raccogliere le olive (il tutto in collina!),
portarle al frantoio, (rigorosamente a freddo e con macine di pietra), farlo
depositare e stagionare un po’ e quindi imbottigliarlo. Per i sughi, i soffritti
e altre preparazioni in cui devo utilizzare l’evo compro quest’ultimo nel
supermercato di fiducia facendo però attenzione che sulla bottiglia ci sia
scritto: 100% da olive italiane (sperando che sia vero!”). Per i fritti però
non uso l’evo perché lo ritengo troppo
forte. Così per le fritture di mare impiego l’olio d’oliva (attenzione! E’ assolutamente un’altra cosa, anche
se proviene sempre dalle olive, rispetto all’olio di oliva evo), ha infatti
caratteristiche sia chimiche che organolettiche differenti, inoltre è meno
saporito e costa pure nettamente di meno. Per le cotolette (vado matto per
quelle di pollo e/o di tacchino, meno per quelle di vitello) uso l’olio di arachide, per fritti ancora più
leggeri (penso alle zucchine o melanzane o altre verdure) quello di girasole. Infine per la polenta fritta
(che avidamente mangio, d’inverno, calda con sopra un po’ di stracchino, o
squacquerone o gorgonzola) quello di mais
che secondo me aggiunge sapore ad essa. So che tutti sono inferiori agli oli di
oliva ma qui è questione di gusti. Tutti li impiego solo una volta per friggere
e poi butto via l’olio esausto (lo metto in una capiente bottiglia che porto in
un’isola ecologica). Specie con quelli di semi (siano essi di arachide, che di
mais o girasole) sto assai attento a non superare certe temperature (in
padella) usando anche un apposito termometro ma so che ci sono pentole che
hanno nel manico incorporata una scala graduale. Dalla mia cucina è abolito
l’uso dell’olio di semi vari e quello di soia, entrambi, a mio
parere delle schifezze o quasi. Il trucco
per un buon fritto è: abbondante olio (o in padella o in una pentola), la
farina (o quella integrale o quella di semolino) e far raggiungere la giusta
temperatura all’olio (circa 220-230 gradi) prima di buttare in esso il cibo e
mantenerla poi invariata. Rigirare spesso e una volta tolta dalla padella messo
questo su un foglio di carta assorbente. Chiudo ricordandovi che come per il
vino anche per l’olio evo (dop = d’origine protetta) si fanno degustazioni e
che ogni tipologia dop è diversa dalle altre per profumi (spiccati i sentori di
fiori e di frutti in quello toscano), per i sapori (penso a quello ligure di
sicuro più sapido e di corpo rispetto, per esempio, a quello del Garda), per
struttura (quelli del sud Italia ne hanno di certo di più), per acidità e
colore.