domenica 11 gennaio 2015

La mia esperienza nipponica



Vi vorrei qui raccontare la mia impressione sulla cucina giapponese. Durante una delle passate festività fui invitato a pranzo da amici (di Milano) fissati per la cucina giapponese, in particolare quella che fu la cuoca non passa settimana che non vada in un ristorante del Sol Levante (se lo può permettere…) ed è stata anche (credo più volte) in Giappone tanto che è ritornata in Italia, l’ultima volta, con un mucchio di cibarie orientali. Devo essere sincero, qualche volta, qui e là, lo anche assaggiata ma mai un pranzo intero (se si esclude una volta a Londra, ma tanti anni fa) e a detta degl’altri commensali questo cucinato a regola d’arte. Come antipasti (seguo la dizione italiana, scusate…) quello che mi ha più impressionato (favorevolmente) furono delle sofficissime palline ripiene cotte e lievitate in una teglia con una dozzina di concavità (non ricordo il nome, riscusate…); molto meno buona (almeno per me, non per gli altri) fu una tazza di brodo con dentro (galleggianti) pezzetti di formaggio bianco (tofu?) al cui confronto il feta greco è una prelibatezza (io che amo i formaggi tradizionali!) e funghi tagliati sottili (quali? Boh?) più altre cose, io la ribattezzai subito brodazza e non riuscii a finirla (e sì che sono un’ottima forchetta che trangugia di tutto e non ha né allergie né intolleranze e degli anticorpi grossi come pantegane, forse retaggio di un’infanzia passata allo stato brado). Poi come secondi arrivò il sushi, cioè degli involtini fatte con le alghe e al cui interno c’era riso (di un tipo particolare) e pesce crudo, il tutto da pucciare in una salsa agro-dolce-piccante detta wasabi. Buoni i primi 3-4  ma poi mi vennero a noia. Fu quindi il turno del pesce crudo detto sashimi. Ad essere sincero fin da bambino quando si andava a pescare (ed erano altri tempi ed un altro mare) se si tiravano su dei pescetti li si mangiavano al momento così come (d’estate) i muscoli (in italiano cozze o mitili ) ed era “grasso che cola” se c’era un po’ di limone! Quindi per me niente di speciale né di particolarmente prelibato (preferivo quelli della mia infanzia). Chiusero il pranzo con la tempura cioè pesce e verdure fritte (in cosa? Olio di soia? Boh… non ho indagato) passabile ma a quella preferisco il “nostro” fritto in e.v.o. o di paranza o con le acciughe di Monterosso. Tutto il pasto fu innaffiato da birra giapponese (portata o comprata, non so) che sembrava tè sporco e che scompariva al confronto delle immensamente migliori birre belghe o tedesche (bevande che dopo il vino mi piacciono particolarmente).
Per fortuna, pur avendo finito quasi con la fame, mi sono rifatto la sera quando la mamma della cuoca (anziana ma validissima signora milanese) ha servito un prelibatissima cassoeula! Grazie, ma va a *!?#! il Giappone!
La cassoeula

2 commenti:

Christomannos ha detto...

credo di aver mangiato giapponese solo una volta nella mia vita (se non mi ricordo male nel lontano 1974) e devo ammettere che non mi era dispiaciuto poi tanto.
Mi sono ripromesso di ritornare (ho come vicina una giapponese di Tokio che mi può sicuramente consigliare un buon posto) vediamo come va ha finire. In compenso ieri sera ho cenato in quel di Montevecchia (brianza) con affettati del posto, formaggi locali, risotto con i funghi, ravioli di magro, Casseoula, brasato ecc.... mammma mia che mangiata. ora dieta!!
ciao
Ms

Il Centurione ha detto...

Già... anche per me è iniziata una dieta (ferrea!) dopo le abuffate festive (da buttar via almeno 6kg). Chissà quanta nostalgia mi verrà...