giovedì 30 gennaio 2014

Piccola storia sull'elmo (seconda parte)


Elmo Gallico-imperiale. Ritrovamento archeologico

Elmo Gallico-imperiale con i rinforzi. Ricostruzione

Elmo Gallico-imperiale da centurione. Ric.

Elmo Gallico-imperiale da tribuno. Ric.

Elmo Intercisa. Ric

Elmo Intercisa da Ufficiale
Elmo di Berkasovo. Ritrovamento archeologico
Elmo di Spangenhelm. Ritrovamento archeologico
Elmo Normanno. Ricostruzione
Elmo Crociato. Ricostruzione
Elmo con Celata
Elmo tipo spagnolo
Elmo inglese I Guerra Mondiale

Da quanto avete letto nei precedenti post sia sulle armature che sugl’elmi appare del tutto evidente che far apparire (purtroppo in molti film) un legionario romano con una lorica segmentata e relativo elmo imperiale magari mentre combatte una guerra punica è del tutto una bestialità storica.
Ma torniamo ai copricapi militari. Dalla nascita dell’Impero Romano (I sec a.C) anche per i continui contatti avuti con i Galli (che all’inizio in fatto di armature, spade ed elmi erano di molto superiori ai Romani, ad essi mancavano solo la preparazione bellica e capaci generali) si impose in tutto l’impero l’uso del cosidetto elmo Gallico-Imperiale. La sua costruzione (in ferro, foderato all’interno di cuoio) fu standarizzata in tutte le officine del vasto impero (ovviamente con le inevitabili differenze); esso presentava un pronunciato paranuca, ampi paragnati incernierati e un rinforzo frontale e gronda intorno alle orecchie. Il coppo fu ulteriormente rinforzato sotto Traiano per resistere ai colpi delle spade curve dei Daci (che potevano oltrepassare dall’alto lo scudo), facendo così sparire l’anello superiore; detto anello poteva essere utile al legionario per agganciare l’elmo allo zaino. Il gallico-imperiale fu per secoli (fino al III d.C) in uso anche per i graduati e gli ufficiali. L’unica differenza era la presenza di una cresta: trasversale per i centurioni, longitudinale per gli ufficiali, longitudinale ma con due penne ai lati per gli opti (sottoufficiali), coperto da una pelle di leone per i vessilliveri ecc. Così per oltre 300 anni la fanteria pesante romana era molto ben protetta e solo con agguati singoli (leggi Selva di Teotoburgo e le legioni di Varo) potevano sconfiggerla ed arrecare danni ai soldati. Verso la fine del III sec però causa sia di un impoverimento dell’erario che di una caspicua entrata di barbari nelle schiere romane si perse l’uso sia di quest’elmo che della lorica segmentata. Apparvero pertanto, sopratutto a partire dal IV sec, sia copricapi barbari (a cono con paranaso) che gli elmi detti Intercisa (di ispirazione sasanide, cioè persiana) più facili da costruire e meno dispendiosi anche se inferiori al suo precedente. A fianco di questo, specie per gli ufficiali o generali (in alcuni casi anche impreziosito da gioielli) vi fu quello di Berkasovo e una sua variante più leggera (senza gronda per la nuca ma con il paranaso) il Spangenhelm per la cavalleria che ricordiamo essere in pratica una fanteria a cavallo. Dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente (in quello d’Oriente o Bizantino per altri secoli furono usati sempre gli elmi Attico-romani per gli ufficiali e guardie dell’imperatore e gli ultimi sopra descritti per la truppa) i barbari adottarono ciascuno il suo ma tutti assomigliavano a quello romano di Berkasovo. La leggenda che fossero tutti ornati di corna ai lati è e rimane pura leggenda.
Con un grande salto temporale arriviamo all’anno mille e all’elmo Normanno (o vichingo) che veniva indossato sopra la cuffia di maglia di ferro e presentava forma conica e vistoso paranaso. Esso fu adottato in Europa con poche varianti fino al XIII sec quando sia grazie alle staffe che ad una sella idonea la cavalleria pesante divenne un’arma micidiale; pertanto si sentì il bisogno di proteggere integralmente il viso e così fece la sua comparsa l’elmo detto dei Crociati. Più tardi e solo nel XV sec esso fu modificato mettendo una Celata (baviera e visiera mobili). Dal fatto di alzare quest’ultima per salutare (e per farsi riconoscere) deriva il tipico saluto militare dei nostri giorni. Quindi vedere nella saga di re Artù (probabilmente databile intorno al V/VI sec d.C) cavallieri corazzati di armatura rigida (con giunture) e Celata combattere in tornei a cavallo (con le staffe) è un’altra bestialità cinematografica. Con l’avvento delle armi da fuoco la funzione dell’elmo cambiò (un esempio quello detto Spagnolo) ed essa fu quella sopratutto di proteggere il soldato da eventuali schegge o frammenti che sarebbero volati in una battaglia campale oltre che dai fendenti di spada che era ancora in uso. Esso doveva lasciare il viso scoperto affinchè il soldato potesse utilizzare con efficacia le prime armi da fuoco. Nei secoli successivi XVIII, XIX sec), almeno fino al ‘900, esso in pratica scomparve. Per esempio durante le guerre napoleoniche solo pochi reparti lo avevano e per lo più essi erano nella cavalleria e la funzione dell'elmo era in pratica solo di abbellimento; del resto i pesanti tricorni che le truppe indossavano svolgevano abbastanza efficacemente la funzione protettiva almeno per le armi da fuoco di quel tempo. Esso rientrò invece prepotentemente in uso con la I Guerra Mondiale ed è, con le sue moderne varianti, usato ancora oggi.

martedì 28 gennaio 2014

Ritorniamo in Italia




Come senz’altro avete scoperto in questi anni di blog sono un po’ restio nel postare album di artisti italiani (specie se recenti) ben sapendo la loro difficoltà nell’inciderli ed in primis a comprare gli strumenti ed a formare una band. Inoltre la musica progressiva e/o sperimetale e/o il rock-jazz sono di certo di nicchia e a memoria mia gli ultimi lp del genere entrati nella hit parade risalgono agli anni ’70 (credo siano Selling England e The Dark Side e per quanto riguarda l’Italia la PFM e Le Orme). Di solito poi non mi capacito sul fatto che alcuni (troppi!) nuovi artisti scelgono la lingua inglese banalizzando ed uniformando pertanto il loro lavoro. Non credo che così facendo gli si aprono nuovi orizzonti di vendita (penso tutt’altro!) anche perché di nuovo, dopo i grandi gruppi degli anni ’70, ritengo che ci sia poco o nulla da inventare e usare vivaddio l’italiano li renderebbe forse un po’ più originali.
Veniamo ora al post odierno che riguarda la band italica degli Armonite che a quanto ne so fecero un unico album nel 2000 (14 anni fa! Tempo giusto per poterli postare) intitolato Inuit. Qui, quasi del tutto assente la voce, hanno per fortuna usato la lingua di Dante ove era necessario (in alcuni titoli) e cosa importante, forse anche grazie all’uso degli archi ed a un rimando alla musica classica, il sound che ne scaturisce fa subito pensare al Bel Paese anche se i Genesis a volte sono lì dietro l’angolo. Bravi!
Voto:  + + + +

domenica 26 gennaio 2014

Piccola storia sull'elmo (prima parte)

Elmo di zanne di cinghiale

Elmo Corinzio
Elmo Calcidico
Elmo macedone
Elmo Attico
Elmo Attico-romano
Elmo Italico-etrusco

Elmo Montefortino
Elmo di Coolus
Elmo di Coolus Manheim
Il buon Christomannos mi ha detto che è interessato alla storia delle armature e antiche armi in genere, così colgo l’occasione di parlarvi oggi degli Elmi, di certo fra le più affascinati armi da difesa.
Fin dagli albori l’uomo si è posto il problema di riparare la testa dalle offese. Se ricordo bene l’Illiade descrive un elmo (credo di Ulisse) composto di zanne di cinghiale (foto 1) e di certo questo fu uno dei più ricercati dell’epoca.  In Grecia si svilupparono poi nei secoli altri tipi: quello Corinzio (nome derivato dalla città di Corinto, foto 2) usato tipicamente dagli opliti (soldati che predevano il nome dall’oplon = scudo ovale) della Grecia fin dal VII sec. a.C. Per lo più fatto di bronzo, offriva una discreta protezione ma aveva il difetto che, coprendo tutta la testa, non permetteva di sentire bene gli ordini e gli squilli di tromba nè di vedere bene. Più tardi (V e IV sec), per ovviare al problema, fu progettato l’elmo Calcidico (nome derivato da una città dell’isola Eubea, sempre in Grecia, foto 3) che era più leggero ed offriva spazio sia per le orecche che per gli occhi. Un miglioramento lo si ebbe sotto Alessandro Magno (foto 4) che lo alleggerì ulteriormente e mise una cresta non solo per far sembrare più alti i suoi soldati ma anche per proteggere la testa dai fendenti. Parallelamente al Calcidico si diffuse l’elmo Attico (una regione della Grecia foto 5) che con le sue varianti prese piede anche a Roma (foto 6) divenendo il copricapo tipico (anche di molti film) dei pretoriani, degli ufficiali (specie i generali) e degli imperatori. Offriva una discreta protezione ed era sormontato da una cresta (o più) piumata con decorazione sulla parte frontale.
Veniamo ora a Roma. Agli inizi (periodo monarchico) l’esercito (volontario, di leva diremo oggi) aveva come come elmo quello tipico dell’Italia centrale cioè l’ Etrusco (foto 7); poi quando in epoca repubblicana l’Urbe entrò in contatto con la Magna Grecia si diffusero quelli greci (Corinzio e Calcidico) specie nei soldati che finanziariamente se lo potevano permettere (principes) e rimasero in uso fino a Giulio Cesare. Insieme con esso, usato per lo più dagli astati e dai triari, fu l’elmo Montefortino (da una località italiana dove fu ritrovato, foto 8), era in bronzo foderato di cuoio che aveva come rinforzo una sorta di palla sulla cima a cui potevano essere attaccate piume. Esso riparava sì il viso e in parte la testa dai fendenti di spada ma ma non la nuca. Più tardi (III sec a.C. foto 9) esso fu migliorato in parte rendendolo piu tondo ed entrambi avevano i paragnati (cioè protezione per le guancie). Con la riforma di Mario riguardo all’esercito (stipendiato) nel I sec a,C, ma sopratutto sotto Cesare si diffuse anche per i contatti (pugnaci) con i Galli, l’elmo in ferro di tipo Coolus-Manheim (località dove fu ritrovato foto 10) molto vicino al tipo classico. Esso offriva una buona protezione anche per la nuca avendo quella specie di gronda, in tal guisa i colpi di spada scivolavano sull’armatura senza fare soverchi danni, e aveva una specie di visiera atta allo stesso scopo, rimanevano però esposte le orecchie ad amputazioni.
Continua...

sabato 25 gennaio 2014

Per scusarmi...




A scusarmi per il brutto album di ieri, oggi vi propongo l’ascolto di questo splendido lavoro teutonico ordito dagli Action e uscito nel 1972 con lo stesso nome della band. La musica che ne scaturisce, per quanto possa sembrare assurdo, è un mix (almeno per me) fra i Pink Floyd e i Deep Purple, specie per quanto riguarda il cantante che ricorda Ian Gillan, notevole è pure il batterista. Insomma un ottimo lp ben suonato e originale nel sound, A quanto ne so è l’unico album del gruppo. Come curiosità ci sono 3 bonus di cui 2 riguardano un ‘esibizione live nel 2008 dove si evince che il complesso non ha perso lo smalto dei vecchi tempi.
Voto:  + + + +

venerdì 24 gennaio 2014

Eccoci in Italia



Anche per non essere tacciato di partigianeria ho voluto postarvi questo (per me) brutto album di un gruppo italiano: N.A.D.M.A (Natural Arkestra De Maya Alta) con l'album del 1973 Paura. Forse una volta tanti e tanti anni fa questo tipo di musica poteva anche piacermi ma ora lo trovo francamente noioso; secondo me piuttosto che dodecafonia si tratta di un'accozzaglia di cacofonia e strumenti scordati. Questa però è stata l'occasione per farvi un esempio del mio voto di 1 +. Scusate...;-)
Voto:  +

martedì 21 gennaio 2014

Hannibal



Questa quasi sconosciuta band inglese: gli Hannibal a quanto ne so fecero un solo ed unico album nel lontano 1970 uscito con lo stesso nome del gruppo musicale. La formazione era: Alex Boyce (vocals), Jack Griffiths (bass), Bill Hunt (keyboards), Adrian Ingram (guitar), John Parkes (drums), [notizie assunte via internet dal sottoscritto]. Il loro sound non è niente male e secondo me assomiglia a tratti ai Traffic, insomma un jazz-rock blues di tutto rispetto.
Voto:  + + +
A questo proposito voglio ricordarvi la legenda sui miei voti: 1 + = scarso, inascoltabile; 2 + = insufficiente, noioso: 3 + =  buono e interessante: 4 + = molto buono e originale: 5 + = capolavoro.

The legend of my own evalutation: 1+ = bad, unlistenable: 2+ = insufficient, monotonous; 3+ = good and interesting; 4+ = very good and fannciful: 5+ = masterpiece.

domenica 19 gennaio 2014

Palermo e alcuni suoi musei



Palermo panorama

Palazzo dei Normanni

Palermo il Duomo

Palermo Piazza Pretoria

Chiesa della Martorana
Duomo di Monreale
Monreale i mosaici
Oggi siamo a Palermo antica, bella e storica città siciliana che pur con le sue contraddizioni mantiene sempre il suo fascino. Fu fondata in una piana attraversata da vari fiumi (oggi coperti) dai Fenici nell’VIII sec a.C. col nome di Zyz, Entrò presto in conflitto con le altre città greche ma si mantenne autonoma fino a che i Romani la conquistarono nel III sec a.C. e il suo nome cambiò in Panorma (derivato dal greco pan [pasa/pan]= tutto e òrmos=porto in quanto il suo litorale era in pratica un unico porto). Essa fu prospera sotto l’impero per secoli ma come tutte le città fu poi devastata nel V sec d.C. dai barbari (Vandali). Poi divenne bizantina e quindi a partire dal IX sec araba con il nome di Balarm. Quando ad essi subentrarono i Normanni il nome si modificò in Balermus e la città assunse il suo più grande splendore per storia ed edifici (primo fra tutti il palazzo dei Normanni ora sede della Regione Sicilia, ma visitabile in gra parte, e ne vale la pena). Da qui  in poi seguì la storia della Sicilia e poi dopo Garibaldi la storia d’Italia.
Oltre che a girare per la città e scoprire angoli suggestivi e monumentali, val la pena di passeggiare per il suo quartiere più famoso: la Vucciria ed assaggiare (io lo feci) un polipetto cotto al momento, oppure andare al porto e in un chioschetto acquistare e poi gustarsi un  (o più) panino ca’ meusa (cioè con la milza di vacca) vera squisitezza. Ovviamente oltre che alle chiese ha anche interessanti musei primo fra tutti quello archeologico (ora chiuso per restauro, maggiori info qui) che insieme con quello di Siracusa e di Agrigento offre un panorama sia sulla civiltà della Magna Grecia ma qui anche sul popolo fenicio. Come consiglio val la pena fare una capatina al Museo dei Burattini (i notissimi pupi siciliani, per info qui) unico nel suo genere. Altra breve gita nei dintorni è al Duomo di Monreale (XII sec) ed ai suoi mosaici (vedi ultime due foto).

venerdì 17 gennaio 2014

Un Grande...



E sì John Cale può tranquillamente essere iscritto fra i grandi della musica moderna. Come sapete, insieme al compianto Lou Reed, fondò i Velvet Underground (mitico gruppo newyorkese) ed entrambi fecero parte della Factory di Andy Warhol (chi non lo conosce?). Il buon John fu uno degli autori (gli altri erano McLure e Riley) di quel capolavoro di musica sperimentale che va sotto il nome di Church Of Anthrax; qui invece si cimenta in un album di tipo cantautoriale del 1974 (non un capolavoro ma godibilissimo) intitolato Fear, ad aiutarlo nell'impresa vanno menzionati, tra gli altri, Phil Manzanera (chitarre) e Brian Eno (tastiere) mentre il nostro eroe "si accontenta" del basso, della chitarra, della viola e ovviamente della voce.
Voto:  + + +

mercoledì 15 gennaio 2014

Sulle Corazze Antiche ed Assurdità Cinematografiche



Era già da un po’ che volevo fare questo post sugli strafalcioni che purtroppo si vedono in tanti film e telefilm storici americani e non solo. A parte quello leggendario del legionario con l’orologio mi viene qui da sottolineare un errore comune dato probabilmente dal fatto che non consultano preventivamente uno storico: l’uso della staffa. Essa apparve in Europa diffusamente solo dopo il periodo Longobardo (VII/ VIII sec d.C.) dato che fu un’invenzione indiana del II sec d.C. Infatti durante tutto l’Impero Romano (almeno quello d’occidente) l’uso della cavalleria era molto ridotto. Essa serviva solo come appoggio alla fanteria ed era utile sopratutto per incalzare il nemico in fuga. Dopo il III sec la cavalleria (sempre senza staffe!) prese più largo impiego anche se in realtà era un modo per trasportare celermente le truppe ove ve ne fosse bisogno (incursioni improvvise di barbari), giunta poi sul posto i cavalieri smontavano da cavallo e combattevano a piedi con spade lance e scudi. Per tutto l’impero vi fu il problema di come far stare saldi in sella i cavalieri specie quelli catafratti (cioè con pesanti armature anche per il cavallo); solo dopo l’uso delle staffe la cavalleria divenne un’importante arma d’assalto lancia in resta (come si dice). Quindi vedere un Alessandro Magno o un Giulio Cesare a cavallo con le staffe è una stupidaggine.
Altra cosa, spesso si vede che (presunti) eroi mezzi nudi dai pettorali scolpiti menano fendenti a destra e a manca facendo strage di soldati in armatura, oppure infilzano con frecce i malcapitati anche da considerevole distanza. Altra scempiaggine! Fin dagli albori le armature servivano a proteggere i soldati, altrimenti non si capisce perché essi andassero a combattere appesantiti da queste.
All’inizio della Repubblica Romana, per esempio,  le armature consistevano per lo più in piastre di bronzo o ferro poste sul petto e sulla schiena e tunute ferme da lacci. Più tardi vennero (per chi poteva permettersela tipo i principes) le armature simili a quelle del mondo greco degli opliti (foto 1) che davano buona protezione alle frecce (altrimenti come poteva Leonida resistere alle Termopili) e un po’ meno ai fendenti. Alessandro introdusse per l’Occidente le armature di lino a fogli sovrapposti che erano invulnerabili alle frecce scagliate con forza anche da vicino (a meno di 10 metri). Fu poi con Roma che esse ebbero un’ulteriore evoluzione: le loriche (armature in ferro), tutte indossate sopra una specie di giubbotto imbottito che faceva da ammortizzare dei colpi. Vediamo adesso le caratteristiche di ognuna: Lorica Squamata (foto 2 non di largo uso, indossata per lo più dalla cavalleria e dai centurioni) invulnerabile alle frecce ed ai fendenti di spada meno ai colpi di punta e con una buona mobilità; Lorica Segmentata (quella famosa indossata dai legionari nella Colonna Traiana, foto 3), la migliore come protezione ma di difficile costruzione tanto che se ne perse l’uso a partire dalla metà del III sec d.C., anch’essa invulnerabile alle frecce (tranne, è ovvio, nei punti dove la carne era scoperta) ai fendenti e buona protezione ai colpi di punta (difficilmente un pugnale poteva attraversarla); Lorica Muscolata (foto 4) indossata per lo più da ufficiali nelle parate e dai generali nelle battaglie era forse la più bella ma la meno pratica, utile sopratutto contro le frecce; Lorica Hamata (foto 5) fatta di anelli di ferro era la più comune ed usata per tutto il periodo romano (specie nel basso impero, foto 6) fino a tutto il medioevo (qui prese il nome di Usbergo, più completa con cappuccio per la testa, foto 7 e 8), ottima indossabilità, invulnerabile ai fendenti di spada (infatti ancora oggi i macellai usano un guanto di maglie di ferro per non ferirsi mentre tagliano la carne), buona difesa dalle frecce scagliate da lontano meno per quelle da vicino che comunque ferivano solo il soldato e scarsa protezione per i colpi di punta. L’Usbergo fu in uso fino all’avvento delle armi da fuoco. Con questo non voglio certo dire che i soldati erano del tutto invulnerabili ma solo sottolineare il fatto che era molto difficile ucciderli tanto pù che a protezione ulteriore avevano elmi, scudi, schinieri e bracciali.

lunedì 13 gennaio 2014

Una Farfalla di Ferro




Come sapete ogni tanto mi piace tradurre, così per celìa, i nomi propri delle band dall’Inglese all’Italiano (a proposito non ho nulla contro quella lingua e i suoi autoctoni fruitori ma contro chi qui la usa a sproposito) e così gli Iron Butterfly sono divenuti (nel titolo) la “Farfalla di Ferro”. A questo proposito da poco è uscito un loro cd live (rimasterizzato per fortuna) inerente a due memorabili concerti consecutivi che il gruppo tenne in quel di S. Francisco al Fillmore East nel 1968. Detta così l’album della band della West Coast dovrebbe essere fantastico ma purtroppo invece di condensare le due performance in un unico cd scegliendo, fra le due esibizioni, le migliori canzoni, hanno replicato su 2 dischi col risultato pertanto di essere ripetitivo, in più hanno fatto anche confusione fra il primo ed il secondo set. Detto ciò l’album (se fosse singolo) sarebbe da 5 più ma purtroppo il
Voto è:  + + +


venerdì 10 gennaio 2014

Ormai è una guerra persa!



Un mio lettore mi ha fatto notare (ma l'avevo già in mente) la nascita di un ennesimo idiota inglesismo inutile: job act che detto tutto attaccato sembra un nome proprio tipico della mia terra: la Liguria e cioè Giobatta. Ora mi chiedo perché il buon Renzi (che non ho votato) che per altro da dimostrazione di buona volontà ed attivismo debba usare siffatto termine e non l'italianissimo progetto per il lavoro. Mah? Eppure il problema (grave) non è sulla luna ma qui in Italia e come consiglio darei al simpatico sindaco di Firenze, nonché anche segretario del PD, quello di rimanere ben saldo con i piedi ben piantati nel Bel Paese (che fu...).


Sorry/Scusate

Today I wuould like to apologize to my readers because when I posted (same time ago) an album live of  Status Quo I forgot to put into the file the last three songs, now they are here. Sorry again...bye!

Oggi vorrei scusarmi con i miei lettori perché quando postai (qualche tempo addietro) un album live degli Status Quo mi dimenticai di mettere nel file le ultime tre canzoni, ora eccole qui. Scusate ancora... ciao!

mercoledì 8 gennaio 2014

Che delusione!




Di tutti i batteristi/percussionisti che hanno fatto parte dei King Crimson ho da sempre giudicato il migliore Giles seguito da Bruford e poi gli altri e per ben ultimo il poco dotato (specie in fantasia, ma anche in tecnica) Pat Mastellotto. Egli insieme a Markus Reuter (ha suonato con i King Crimson ProjeKct e con Trey Gunn) ha dato vita ad un gruppo chiamato Tuner che nel 2007 incise quest’album intitolato Pole, secondo me poca cosa. Infatti lo trovo francamente noioso e che nulla aggiunge o toglie a quello che pensavo su Mastellotto. Allora qualcuno dirà: Perché lo posti? Semplice, quanto sopra è il mio parere e non è certo il “verbo”.
Voto:  + +

lunedì 6 gennaio 2014

Siracusa e il suo museo archeologico











 Qualche giorno fa il buon Edulms mi chiese se per caso facessi qualche post sui musei italiani. Beh, la prova è assai improba dato che essi sono migliaia (se non decine di); basti pensare che solo qui nella mia città (La Spezia) ne esistono almeno 5 e forse me ne sono scordato qualcuno, senza parlare poi di posti come Milano, Firenze o Roma. Da dove cominciare? Per una volta tanto dal Sud Italia e precisamente dalla bella città di Siracusa. Insediamento antichissimo risalente alla prima età del bronzo là sull’isola di Ortigia (ora collegata alla Sicilia e al resto della città da ponti, vedi foto aerea ovviamente non scattata da me), grazie anche alla presenza di una fonte di acqua dolce: la Fonte Aretusa (vedi quinta foto) che la leggenda vuole fosse collegata tramite un fiume sotterraneo con il santuario delfico di Delfi in Grecia. Le popolazini che la colonizzarono furono prima i Sicani e poi i Siculi che dettero il nome alla città ed all’intera isola. Nell’VIII sec a.C. vennero i greci provenienti da Corinto e da quel momento divenne una delle principali metropoli dell’Ellade. Fra democrazia e tirannide passarano i secoli. Famoso fu il tiranno Dioniso e il “suo orecchio” (foto n°3, in realtà un’antica cava di pietra oggi nella zona della Latomie, seconda foto). Fu alleata con Sparta contro Atene e ancora oggi si vedono i resti di antichi templi: quello di Apollo (foto n° 7) e quello di Atena inglobato nel Duomo (foto n°4). Nel suo coevo teatro Eschilo presentò per la prima volta la sua tragedia: I Persiani. Dopo guerre sia con i Cartaginesi che con le altre popolazioni dell’isola nel 212 a.C, durante la II Guerra Punica, fu presa dai Romani e qui risale l’episodio dell’uccisione in Castel Eurialo (antichisima fortificazione sopra la città con gallerie per il passaggio delle truppe, foto n°6) del suo più illustre cittadino: Archimede (fra i maggiori scenziati di tutti i tempi). Qualche dopo e da lì che partì Scipione L’Africano per sconfiggere Annibale a Zama.
Con Roma cominciò la sua decadenza anche se ci lasciò uno dei più grandi anfiteatri d’Italia (foto n° 3). Qui fu la prima comunità cristiana d’Europa e visitata da S. Paolo. Nel V sec d.C fu invasa dai Vandali e poi dagli Ostrogoti ma nel VI sec d.C. ritornò sotto l’impero romano anche se esso adesso si chiamava bizantino. Addirittura nel VII sec d.C. un imperatore volle trasferire la sua corte da Costantinopoli a Siracusa e così per un breve periodo divenne la capitale dell’Impero Bizantino. Dopo anni si dichiarò indipendente da Bisanzio e per difendersi da essa chiese l’aiuto degli Arabi che così, come sempre succede, la invasero e ne fecero un loro dominio. Gli Arabi, immemori di storia, nel XI sec chiesero l’aiuto dei Normanni per delle guerre interne alla Sicilia e così ne divenne una loro città. Fu anche dominio di Genova per 15 anni e poi dopo un certo periodo fu Aragonese (cioè spagnola)  e quindi Angioina (Francese) seguendo poi il destino della Sicilia.
Con tanta siffatta storia alle sue spalle non ci si può esimere dal visitare il suo Museo Archeologico (da me caldamente consigliato!) che come è logico aspettarsi ha fantastici reperti ed è in assoluto fra i più completi riguardanti il periodo siculo della Magna Grecia.
Maggiori informazioni su di esso li potete trovare qui 
Per chi è interessato esiste anche un Museo del Papiro pianta coltivata e lavorata anche qui (non solo in Egitto).