sabato 5 aprile 2014

Qualche "dritta" sui vini italiani

Oggi vorrei parlarvi dei vini (almeno quelli italiani) e come riconoscere, o tentare di farlo, quelli meritevoli di essere gustati. Non uso il termine bevuti o tracannati poiché questi li lascio volentieri ai , purtroppo, tanti beoni. Per prima cosa guardare il prezzo, se esso è uguale o meno o poco di più ad una bottiglia di acqua minerale, consiglierei di desistere nell’acquisto. Non è che quello non sia vino (per legge si identifica con questa parola una bevanda derivata dalla spremitura dell’uva e che abbia non meno di 10° alcolici, fanno eccezione alcuni spumanti dolci quale il Moscato d’Asti DOCG) e sgombriamo qui ogni dubbio, da noi costerebbe molto di più usare “polverine magiche” per farne un falso surrogato che produrne uno “vero” . Queste uve sono state, semplicemente e con probabilità, coltivate con metodi tipo a spalliera nelle nostre pianure dove ogni vigna da così kg e kg di frutti e sia la vendemmia che le cure alla pianta sono enormemente più facili (e quindi meno costose), magari poi v’è stata l’aggiunta di mosto concentrato (ammesso per legge mentre lo zuccheraggio no, al contrario della Francia) di uve meridionali per poter così raggiungere la gradazione minima di legge. Altra cosa sono i nostri vigneti di collina regolamentati da disciplinari che danno dei termini precisi alla resa per ettaro di vigneto. Ciò non vuol dire che se leggiamo sulle etichette IGT (Indicazione Geografica Tipica), DOC (Di Origine Controllata), VQPRD (Vino di Qualità Prodotto In Regione Delimitata) o DOCG (Di Origine Controllata e Garantita) possiamo dire con sicurezza che si tratti di un ottimo vino. A volte capita (penso ai cosidetti Supertuscan) che vi siano vini senza etichette particolari e che sono buonissimi; oppure che all’interno di una DOC (per esempio) vi siano grandi differenze fra un produttore o l’altro. Come districarsi? A parte il prezzo (ma non sempre) consiglierei di andare per vini direttamente dai produttori e quindi assaggiarli prima. Oggi moltissimi di essi aprono le loro cantine per degustazioni gratuite e poi nel visitarle si capisce la cultura e la tradizione che c’è dietro a questo prodotto. Utile è poi il consultare riviste specializzate oppure rivolgersi, ove è presente, ad un sommelier specie se siamo in un ristorante e vogliamo fare dei giusti abbinamenti o assaggiare un buon vino con un’ottima qualità-prezzo. Non ultimo iscriversi ai vari corsi (anche solo propedeutici) tenuti dall’ A.I.S. (Associazione Italiana Sommelier) o dall’O.N.A.V. (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino). Stesso discorso lo si può poi allargare ad altri nostri prodotti tipici come l’E.V.O. (Olio Extravergine d’Oliva) o al nostro distillato: la Grappa (nome protetto e solo italiano, dalle altre parti si chiama acquavite).
Le due foto sono dell'Amarone Classico Valpolicella DOCG e del Barolo DOCG, due fra i miei vini preferiti.

1 commento:

edulms ha detto...

Bellissimo post; solo di leggerlo mi viene acqulino in bocca ;-). Hai insegnato cose importantissime (bravissimo ancora!. Adesso credo sapró scegliere meglio vini italiani; il Barollo è un nome molto difuso da qui....
Ciao