giovedì 6 marzo 2014

Ancora sui Gladiatori




Ho visto, grazie al suo commento sul mio post su Spartacus, che il buon Christomannos ha alcune lacune (non me ne voglia!) sui Ludi Gladiatorii. Quando scrissi che raramente i duelli finivano con la morte di uno dei contendenti mi riferivo ai gladiatori professionisti (paragonabili come tifo e seguito agli odierni calciatori e per certi versi anche come guadagno). Ma nell’arena (a proposito si dice e si diceva così perché vi era la sabbia atta ad assorbire il sangue) scendevano anche gladiatori coatti provenienti dalle patrie (di quel tempo) galere cioè: malavitosi, condannati a morte, poveracci ed eretici; orbene tutti questi dovevano combattere all’ultimo sangue e come premio (ai superstiti) si davano salvacondotti e soldi. Poteva capitare che alcuni di essi si dovessero scontrare con i professionisti e, ovviamente, il più delle volte soccombevano miseramente. Anche le donne potevano scendere nei circhi ed erano le più attese dagli spettatori. Durante l’Impero la frequentazione degli spettacoli gladiatori era ben vista dal “popolino” ma esecrabile dai “ben pensanti” (scrittori, poeti, filosofi ecc) che preferivano di gran lunga gli stadi di atletica o i teatri. Va detto poi che nelle parte est dell’immenso impero amavano di più le corse dei carri e dei cavalli (anch’esse per altro un po’ cruente, hai presente il film Ben Hur?). Fu Costantino il Grande che nel IV sec., dopo aver abbracciato il cristianesimo, proibì i giochi gladiatori, ma come sempre accade, nonostante il divieto, sia a Roma e sopratutto ai confini ovest dello Stato, per tutto il V e VI sec fino al basso medioevo continuarono bellamente in barba a ciò.

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