sabato 21 marzo 2015

5 Terre Sciacchetrà Doc

Vigneti nelle 5 Terre
Il "trenino" a Vernazza
Lo Sciacchetrà
Col post di oggi della rubrica vini ritorno a parlarvi della produzione enologica nella mia provincia: La Spezia. Inizio questo nostro excursus con un noto vino passito: lo Sciacchetrà, nome che deriva dal dialetto di quei posti (per altro diverso dallo spezzino) sciaccà (schiacciare). E’ una doc e fa parte dei noti vini ad origine controllata del comprensorio che va sotto il nome 5 Terre (zona, tra l’altro, patrimonio dell’Umanità e tutelata dall’Unesco). La coltivazione della vite (ma anche degli orti e uliveti) qui ha prodotto nei secoli i caratteristici terrazzamenti che segnano le colline digradanti (quasi a picco) sul mare. Da sempre la coltivazione è cosa ardua per una serie di motivi e la resa bassa. Solo da qualche decennio la fatica dei contadini è in parte alleviata da piccoli trenini a cremagliera che aiutano a trasportare i prodotti. Una volta erano soprattutto le donne che si caricavano in testa le gerle (assai pesanti) e tenendole in bilico salivano (a volte per centinaia di metri) i ripidi gradini. Gli uomini dovevano invece sobbarcarsi i lavori dei campi spesso operando inginocchiati e con gli attrezzi dai corti manici. Ma ritorniamo al vino. Esso è prodotto soprattutto da uve di Bosco (una qualità tipica della zona) ma concorrono anche l’Albarola, il Vermentino e altre uve (max un 20%) a bacca bianca. Esse si raccolgono leggermente tardive e fatte appassire naturalmente su graticci grazie all’aria di mare e al sole. Dopo circa un mesetto si vinificano e il vino viene commercializzato dopo un anno. Va da se che il costo della bottiglia per le ovvie ragioni deve essere elevato e quindi diffidate di quelle economiche. Alla vista presenta un bel colore giallo dorato con riflessi ambrati (più decisi se ulteriormente invecchiato), al naso è discretamente intenso e persistente con sentori di miele e confetture (pesche e albicocche) e l’odore tipico etereo dei vini passiti, in bocca è abboccato ma non dolce, persistente, avvolgente, caldo (siamo sui 14- 16 gradi), sapido (dato dal salmastro marino) e retrogusto leggermente mandorlato. E’ vino da dessert (dolci a pasta secca) e da formaggi stagionati ma anche da “meditazione”. La sua produzione (reale) è molto limitata anche perché è invalso l’uso di molti viticoltori di farselo da sé e tenerselo per uso personale. Questo spesso comporta che quello del contadino invece di essere prelibato e nonostante l’enorme fatica spesa, è pieno di difetti. Meglio quindi rivolgersi a cantine specializzate.

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