In provincia di Piacenza (Emilia Romagna), sui colli piacentini; molti dei quali vitati, da cui si ricavano, tra gli altri, ottimi Gutturnio ed Ortrugo (uno rosso e l'altro bianco), spesso frizzanti; nell'antichità si ergeva una piccola città romana, Velleia, dotata di tutti quei monumenti tipici di un urbe latina: foro, terme, basilica, teatro e che recenti scavi hanno, in parte, messo in evidenza (vedi foto in alto, parte del Foro). Abitata prima dai Liguri fu poi importante centro di controllo sui traffici che si svolgevano fra la romana Placentia (Piacenza) e la Liguria (Genua, Genova in primis). Nel V sec., causa frane ed invasioni barbariche decadde e fu abbandonata. Le sue popolazioni si sparsero però nel territorio ed i traffici fra la Padana ed il Mar Ligure continuarono. Così il suo posto come fulcro religioso ed economico fu preso nel VII sec dalla vicina Abbazia di S. Colombano a Bobbio. Fu infatti il Santo irlandese Colombano (confessore di Teodolinda, moglie di Agilulfo re dei Longobardi, con capitale nella vicina Pavia) che nel 614 fondò a Bobbio un monastero. Negli anni esso divenne una delle più importanti abbazie del Nord Italia. Nel 1803 i soldati francesi tolsero ai monaci l'abbazia e la chiesa di San Colombano; ciò che resta dell'abbazia è ora utilizzato come scuola comunale, e la chiesa dove riposano le reliquie dei santi Colombano, Attala, Bertulfo, Cumiano ed altri è diventata una chiesa parrocchiale, servita dal clero secolare. Gli altari ed i sarcofagi (fra i quali quello dove riposa S.Colombano) siti nella cripta presentano bellissimi ornamenti tipici dell'arte irlandese. Una curiosità: Il cenobio di Bobbio fu il monastero usato come modello per il romanzo di Umberto Eco "Il nome della rosa".
Sotto foto della chiesa, del portico del monastero e di un mosaico medioevale.
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